Ivan Ferrero (Psicologo delle Nuove Tecnologie): i videogiochi tra anatomie e rischi, il mezzo dei ragazzi di oggi per esprimere se stessi
Si è concluso domenica – 17 marzo 2019 – il weekend Milanese dedicato all’avvento del digitale; appuntamento nazionale seguito dal nostro team di eSportsActivity.com
Importantissimo e ricco di spunti, è stato il “Parents Gaming Lab – Il fascino dei videogiochi”, evento di approfondimento rivolto a genitori e insegnanti sulle potenzialità e i rischi legati al medium videoludico, organizzato da Vodafone Italia e Esl Italia al fine di creare un ponte tra le varie generazioni.
Un successo di analisi e dibattiti affrontati dai vari esperti presenti, tra i quali Il Direttore Tecnico e Scientifico Dr Ivan Ferrero, psicologo con particolare propensione verso l’impatto delle nuove tecnologie sulla popolazione e su come queste ultime stanno cambiando il nostro modo di vivere e di percepire la realtà.
Autore e promotore della piattaforma web www.bullismoonline.it, da anni combatte i fenomeni in rete del Cyberbullismo, Dipendenza di Internet, Gioco d’Azzardo Online, tematiche che stanno coinvolgendo fasce di popolazione sempre più giovani e sulle quali spesso regna la disinformazione più assoluta.
In occasione delle sessioni di conferenza presso il Vodafone Theatre, e intervistato da eSports Activity, Ferrero si racconta, parlando del suo lavoro e delle sue esperienze lavorative oltre che degli studi sui videogiochi.
1 – Ivan, bullismoonline.it, un’iniziativa avviata da qualche tempo con l’obiettivo di informare. È possibile tracciare un bilancio di questa esperienza?
Iniziai a parlare di Cyberbullismo nel lontano 2012 trattando il caso di Amanda Todd, e nel 2013 aprii un portale per informare anche in Italia sui rischi della vita digitale. A quei tempi eravamo pochi e pionieri: in un’Italia in cui il digitale tardava a svilupparsi, sentivo che mancava una coscienza digitale.
La visione più diffusa tra gli adulti concepiva il digitale come uno strumento, un’appendice alle nostre vite, per cui si faceva anche fatica a comprendere come le piattaforme Web potessero essere fonti di pericolo per i nostri ragazzi.
Ed effettivamente in Italia il fenomeno era ancora ridotto rispetto ad altre parti del Mondo in cui il digitale si era sviluppato prima e più velocemente. Poi gli smartphone hanno presso piede, soprattutto l’età di accesso a questi strumenti ha iniziato ad abbassarsi ogni anno che passava. Ed è allora che il fenomeno è emerso in tutta la sua potenza.
I mass media hanno iniziato a parlarne, nel bene e nel male, in modo più o meno adeguato. In ogni caso il problema è balzato alle cronache, e da allora gli adulti non sono più potuti rimanere con gli occhi chiusi.
In particolare, la Legge promossa dalla Senatrice Elena Ferrara ha dato un’ulteriore spinta verso la prevenzione e l’intervento, grazie a fondi appositamente messi a disposizione per progetti sull’argomento, piattaforme dedicate, e norme e sanzioni specifiche per questi fenomeni.
Finalmente il Cyberbullismo acquisisca una sua identità anche davanti alle Istituzioni. Da lì in poi, grazie a progetti nelle scuole e sul Territorio, adulti e ragazzi sono diventati più coscienti e informati del fenomeno.
In questo contesto è mutata anche la mia opera: se nei primi anni avvertivo un fortissimo bisogno di sensibilizzare al fenomeno, negli ultimi tempi posso permettermi di entrare in classe oppure nelle sale confidando in un background di informazioni già condiviso con i partecipanti.
Questo mi permette di andare subito al sodo, oppure di trattare aspetti specifici di questo fenomeno. Con il risveglio delle coscienze in tal senso, inoltre, gli Italiani stanno anche acquisendo maggiore consapevolezza di un fenomeno assolutamente non granitico e lineare, bensì caratterizzato da profonde ramificazioni che ne modificano spesso le dinamiche. Si pensi ad esempio alle differenze tra Cyberbullismo inteso in senso classico, e altri fenomeni come L’hate speech, il trolling, oppure il revenge porn. Trovo inoltre molto positivo come oramai entro in classi i cui ragazzi conoscono già il fenomeno e i rischi che possono correre online. Questo mi permette una maggiore agilità nello strutturare i miei interventi.
2 – Il mercato dei videogiochi, le chat e le nuove forma di interazione tra i giocatori con tanti parametri ancora da definire. Come tutelare chi decide di sperimentare queste nuove esperienze di gioco?
Il digitale, e quindi anche i videogiochi online, sono per i nostri ragazzi un vero e proprio spazio di vita, esattamente come lo è la scuola, oppure gli altri ambienti frequentati dai nostri figli.
In un videogioco i nostri ragazzi mettono se stessi: mettono in gioco le loro abilità, si sperimentano, si confrontano con altre persone.
Nel caso dei videogiochi muniti di chat e che offrono la possibilità di organizzare squadre oppure gruppi, i ragazzi mettono in gioco e sperimentano anche le loro abilità sociali.
Quindi prima di tutto dobbiamo comprendere che, sebbene il digitale goda di leggi proprie intrinseche al particolare contrasto in cui opera, alla base troviamo sempre le stesse tematiche: le relazioni tra le persone, gli odii e le invidie, l’amicizia, i sentimenti, le emozioni.
Di conseguenza i veri interventi, sia di prevenzione che di trattamento, devono comprendere questo.
È necessario quindi aiutare i nostri ragazzi a sviluppare qualità come l’empatia, il riconoscimento delle emozioni proprie e altrui, e aiutarli a sviluppare l’affettività, la propria autostima e il proprio senso di autoefficacia, ossia la percezione di essere in grado di fare fronte alle difficoltà.
Elementi che poi loro trasferiranno più o meno inconsapevolmente nei loro momenti di gioco. Inoltre giovano le cautele che già forniamo per la loro vita offline.
La classica raccomandazione “non accettare caramelle dagli sconosciuti” vale sia offline che online.
3 – eSports, Interenet e Social, un mondo sempre più alla portata di giovani e ragazzi, vero e proprio tabù per generazioni di genitori e adulti. I parental control software sono la giusta tutela per i nostri figli?
I parental control software sono un ottimo strumento da usare con molta cautela. Soprattutto, non devono sostituire il valore della relazione tra noi e il nostro ragazzo.
Per evitare di innalzare inutili e dannose barriere relazionali dobbiamo fare molta attenzione a come proponiamo a nostro figlio questo strumento: non come una cosa imposta dall’autorità, cioè noi, ma come uno strumento in più per la loro tutela e sicurezza. Inoltre ne negozieremo l’utilizzo, ossia fino a che punto io adulto potrò “controllare”. Anche definire in modo netto e chiaro le autonomie dell’utilizzo del mezzo è molto importante, in modo che sia il ragazzo che l’adulto sappiano cosa è possibile fare e cosa no.
Inoltre, dobbiamo anche accettare che nostro figlio, crescendo, inizi a ritagliarsi dei propri spazi di autonomia in cui noi adulti non siamo ammessi, esattamente come abbiamo fatto noi quando avevamo la loro età.
È un processo naturale e molto importante per lo sviluppo dell’autonomia dei nostri ragazzi.
4 – Il Digitale è per i nostri ragazzi uno spazio emotivo e cognitivo, prima di essere uno strumento. Quali consigli puoi dare ai giovani affinché non si esageri nel gioco?
Oltre ai rischi che possono correre online, e come prevenirli, è necessario mostrare ai ragazzi anche utilizzi differenti del mezzo oppure del canale.
Anche mostrare attività alternative che presentino gli stessi elementi di gamification delle loro App preferite: nel farlo non proporle come un sostituto, ma come un’opportunità di intrattenimento e crescita in più.
Quindi, più che di consigli ai ragazzi, io parlerei di esempio dato da noi adulti, in modo che i nostri ragazzi a loro volta imparino.
5 – Riconoscere e rispettare gli spazi di autonomia dei propri ragazzi, non vuol dire abbandonarli a mode e tendenze senza aver uno sguardo attento sui loro percorsi di crescita. Come riconoscere e correggere atteggiamenti sbagliati o addirittura abusi dei videogiochi e della tecnologia?
I segnali sono vari, e devono essere interpretati tenendo conto del carattere e della personalità del nostro ragazzo. In linea di massima possiamo parlare di improvvisi cambiamenti dell’umore, solitamente orientati al versante negativo. Anche graduali comportamenti di abbandono dei propri hobby, dei propri amici, o della scuola.
Dobbiamo anche imparare a riconoscere quando nostro figlio sta videogiocando perché il gioco fa parte della sua crescita, oppure quando videogioca per fuggire da una realtà da lui percepita come minacciosa e rifugiarsi in un luogo che lui percepisce come più sicuro e tranquillizzante. Perché se nostro figlio inizia ad isolarsi in un videogioco, la responsabilità non è del videogioco, ma è da ricercarsi nella vita del ragazzo.
Riguardo all’intervento valgono gli accorgimenti che ho descritto nelle risposte precedenti.
6- Infine cosa ti aspetti e quali sono gli obiettivi di “Parents Gaming Lab – Il fascino dei videogiochi”?
Eventi come questo sono molto importanti, in quanto sono un ottimo ponte tra i ragazzi e gli adulti.
Da una parte permettono ai ragazzi di prendere maggiore consapevolezza del tempo speso con i loro videogiochi, dall’altra permettono ai genitori di comprendere e toccare con mano il reale significato del videogioco per i loro figli.
Tutto questo all’interno di un contesto comune e multidisciplinare.
E io sono ben contento di aderire a iniziative come il Parents Gaming Lab, perché mi permette di operare in un ambiente più rilassato, meno “clinico”, e quindi di entrare più facilmente in contatto con entrambe le fasce di popolazione.
Perché la vera criticità qui è la presenza di due dimensioni, quella adulta e quella adolescente, che fanno fatica a trovare un linguaggio comune e comunicare.